Nella vasta gamma di strumenti musicali che contribuiscono a plasmare il panorama sonoro della musica contemporanea, il basso elettrico ha sempre occupato una posizione di rilievo. Tuttavia, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a un’evoluzione significativa del suo ruolo e della sua presenza all’interno delle produzioni musicali.
Basso vero VS Basso finto: per comprendere appieno questa dicotomia, dobbiamo considerare le trasformazioni nella produzione musicale. Un tempo, il basso suonato era un pilastro fondamentale di qualsiasi formazione e di qualsiasi studio di registrazione, fornendo non solo il fondamento ritmico, ma anche una profondità emotiva unica. Tuttavia, con l’avvento della tecnologia e delle nuove tendenze musicali, il basso suonato ha iniziato a cedere il passo al basso sintetizzato e campionato.
Partendo dall’osservazione della musica pop che ascoltiamo oggi, emerge un’interessante contraddizione: nonostante le basse frequenze siano ancora onnipresenti, sotto forma di sub, synth, loop, il basso elettrico suonato sembra essere sempre meno protagonista. La nostra esplorazione inizia con un’affermazione audace ma riflessiva: il basso vero e il basso finto, che differenza c’è? Per l’utente finale, il fruitore della musica, probabilmente poca, anzi, inconsciamente il suo orecchio viziato dall’imperante autotune, forse preferisce un basso finto, e chi produce musica si adegua.
Guardando al presente, possiamo citare Sanremo 2024 come un esempio significativo. Durante il festival di quest’anno, è interessante notare che dobbiamo arrivare alla settima posizione della classifica per trovare un brano con un basso vero che caratterizzi il pezzo, con la canzone “Pazza” di Loredana Bertè. Il podio, e non solo, è dominato da brani costruiti su basi completamente elettroniche.
Se vogliamo fare un po’ di “storia dei bassi finti”, un esempio emblematico è rappresentato dai Doors, band leggendaria degli anni ’60, che iniziarono la loro carriera senza un bassista. In un contesto in cui il basso elettrico era considerato essenziale per una band rock, il tastierista Ray Manzarek si adattò a suonare il basso su un piano Rhodes insieme all’organo Vox Continental, inaugurando una nuova era di sperimentazione sonora.
Negli anni successivi, artisti come Herbie Hancock e Stevie Wonder hanno dimostrato la versatilità del basso sintetizzato, trasformando strumenti come l’ARP Odyssey o il Clavinet in potenti bassi che dominavano le loro produzioni. Questa tendenza si è ulteriormente accentuata negli anni ’80 e ’90, con la diffusione del campionamento che ha reso il suono del basso sempre più manipolabile.
Tuttavia, nonostante la crescente popolarità del basso sintetizzato o campionato, non possiamo ignorare l’eterna attrazione esercitata dal basso suonato. Artisti come i Muse continuano a dimostrare il potere emotivo e la versatilità di questo strumento, nonostante sia pesantemente effettato nelle loro produzioni e nei loro live.
Inoltre, la presenza di diversi youtuber di grande successo, che fanno del basso suonato il fulcro dei loro canali, testimonia che l’interesse per questo meraviglioso strumento è sempre molto alto. Il basso suonato offre una dimensione di autenticità e umanità che il sintetizzatore può solo emulare, ma mai replicare appieno.
Alla luce di queste considerazioni, possiamo concludere che l’era del basso suonato non è destinata a finire. Sebbene i contesti e i ruoli dello strumento possano cambiare nel corso del tempo, il suo fascino e la sua unicità rimarranno sempre ineguagliabili. L’espressività del basso suonato continuerà a risuonare attraverso le generazioni, mantenendo viva la tradizione musicale mentre abbracciamo le nuove frontiere della tecnologia e della creatività, nonostante i nuovi scenari che si apriranno dopo l’avvento delle intelligenze artificiali applicate alla produzione musicale.