anime basslines daitarn 3

Non mi venite subito a dire che si scrive Daitarn e non Daitan. Lo so, il cartone animato si intitola Daitarn 3 ma sul 45 giri italiano comparve la scritta Daitan 3 e la lettera “r” fu per qualche motivo tristemente dimenticata.

In realtà, il nome completo della serie fu “Daitarn 3” (o Daitarn III) mentre in Giappone, il nome originale, è Muteki kōjin Daitān 3. Quindi? Alla fine forse avevano ragione gli autori della sigla ad averla chiamata Daitan! In ogni caso mi viene in mente questa considerazione: perché andarsi a complicare la vita con un impronunciabile Daitarn quando Daitan è semplice e richiama anche il nome originale?

A noi figli delle basse frequenze interessa però la musica: vedrete più avanti una linea di basso veloce, solo strutturalmente semplice ma che nasconde perfide insidie!

L’anime

Yoshiyuki Tomino, genio del genere mecha, delinea la storia di Daitarn 3 successivamente a quella di Zambot 3. Quest’ultimo, che non ha una sigla italiana originale, va sempre tenuto in considerazione ogni volta che si parla di Daitarn. Il numero 3 che li lega non è l’unico riferimento. Zambot ha il colpo lunare mentre Daitarn si serve dell’attacco solare come arma finale, la prima è una serie oscura e drammatica mentre la seconda piuttosto divertente e apparentemente scanzonata. Sono luce ed ombra, l’una l’opposto dell’altra ma questo solo ad una lettura superficiale. Approfondendone i dettagli si scoprono aspetti filosofici e considerazioni etiche e sociali di alto spessore, esternate da un Tomino neanche quarantenne. I cattivi di turno in Zambot sono forse l’apice della malvagità osservata fino ad allora in una serie super robotica e rendono cruda e spesso ripugnante la realtà dell’anime. Il contesto da spy-story di Daitarn riporta tutto ad una realtà più vicina a noi e i cattivi, i Meganoidi, sono spesso dipinti come esseri si malvagi ma goffi e poco risoluti. In realtà le implicazioni profonde di entrambe gli anime spingono a riflessioni serie e profonde sulla percezione del ruolo dell’essere umano nell’Universo, sull’annullamento della soggettività e sull’accettazione della propria condizione, qualunque essa sia. Le due serie vanno lette in parallelo e non possono essere viste come serie disgiunte, come una foto e il suo negativo.

L’anime andò in onda in Giappone per la prima volta dal 3 giugno 1978 al 31 marzo 1979 su Nagoya TV per un totale di 40 puntate. L’opera è dichiaratamente ispirata a Star Wars e a titolo di esempio posso citare gli episodi 12 e 22. L’episodio 12 è importantissimo per la narrazione generale e svela alcuni dettagli importanti sulla fuga di Haran Banjo da Marte. Nell’episodio 22, oltre a citazioni cinematografiche di James Dean, Charlie Chaplin, della MGM e della Paramount ce n’è una dedicata proprio a Star Wars che viene espressamente citato. Gli appassionati della saga si potranno divertire nella ricerca di tutte le citazioni e dei modelli ispirativi.

Appare interessante quali siano le peculiarità del personaggio di Haran Banjo. Il padre è il creatore dei cyborg, i Meganoidi, che a lui si sono ribellati. Egli li creò usando come cavie, tra gli altri, la moglie e il fratello di Banjo. L’odio per il padre che Banjo nutre, unito a quello verso i Meganoidi pervade tutta la serie animata. Banjo è altresì un personaggio spocchioso, a volte dagli atteggiamenti irritanti sebbene persegua ideali di giustizia e pace. La sua condizione ce lo fa identificare a tratti come un eroe incompleto, incapace di accettare la propria condizione. C’è chi ha supposto che possa essere lui stesso un Meganoide ma in tutta la narrazione non esiste alcun elemento che possa confermarlo. Il protagonista ci pone spesso di fronte ad interrogativi profondi: le scelte razionali dell’essere umano sono sempre giustificate? In base a cosa egli si pone al di sopra degli altri esseri viventi? Sono interrogativi simili, sebbene affrontati da punti di vista differenti, di quelli che possiamo trovare in Zambot 3 e rappresentano la parte più nascosta di un anime che si pone apparentemente come un succedersi di gag divertenti che spesso, più o meno volutamente, ridicolizzano gli anime super robotici che lo hanno preceduto.

In Italia il cartone animato comparve nel 1980 e andò in onda su TV locali come Rete A e Milano TV. Indipendentemente dalle tematiche importanti che esso recava con sé e che dubito abbiano catturato l’attenzione dei bambini dell’epoca, introduceva degli elementi nuovi nel genere mecha e primo su tutti forse, il comportamento “umanizzato” del robot protagonista, in particolar modo le mimiche facciali, assenti nei precedenti robot. Altro elemento degno di nota fu la caratterizzazione del cattivo di turno: l’antagonista principale di ogni episodio (quello che si trasformava ogni volta nel gigantesco Megaborg, una sorta di Meganoide all’ennesima potenza) era ben caratterizzato, con una sua storia personale alle spalle, uno scopo personale e un design ben definito. Uno sforzo encomiabile da parte di tutto lo staff tecnico.

Oltre alla versione TV ci furono in Italia delle realizzazioni home video:

  • edizione VHS di Yamato video del 1994
  • edizione VHS di Dynamic Italia del 1994 che ribattezzò l’anime “L’imbattibile Daitarn 3”
  • edizione VHS di Hobby & Work del 1995
  • pubblicazione rimasterizzata di Dynamic Italia in VHS e DVD
  • le edizioni DVD più recenti sono tutte di Yamato Video

Il manga

Sebbene in Italia non sia stato pubblicato quasi nulla in formato cartaceo, va senz’altro menzionata l’opera comicalize nipponica di Yū Okazaki. Okazaki fa un bel lavoro sebbene ammorbidisca un po’ i tratti dell’anime, soprattutto nel ritrarre gli esseri umani. Il risultato è decisamente piacevole nella grafica.

In Itali in realtà ci fu chi pensò a rendere Daitan (ebbene si, senza la R anche in questa occasione!) leggibile: Paolo Ongaro, penna celebre del fumetto italiano, produsse una sua versione su tavole della serie animata di Tomino. Un cosiddetto “spaghetti manga” che, seppur riconoscibile nel tratto occidentale, rendeva giustizia al paladino robotico giapponese. Il fumetto, voluto da Andrea Mantelli, apparve sulle pagine de “La Banda TV Ragazzi”.

Le sigle originali

Due sigle soltanto furono scritte in Giappone per questo cartone animato, una per l’apertura e una per i titoli di coda.

Come Here! Daitarn 3 – Sigla di apertura. Musica: Takeo Watanabe; arrangiamento: Yūshi Matsuyama; testo: Nippon Sunrise Kikakushitsu. Interpretata da Makoto Fujiwara. La solita sigla da robottone che alterna un incedere da marcetta spiritosa a schemi ritmici leggermente più ricercati. Raggi laser e fraseggi di chitarra nel breve intermezzo strumentale.

https://youtu.be/_c614h35joo?si=nf7FgKzAhIQgcYza

Toppo de Tango – Sigla di chiusura. Musica: Takeo Watanabe; arrangiamento: Yūshi Matsuyama; testo: Nippon Sunrise Kikakushitsu. Interpretata dal gruppo vocale Kōrogi ’73. In coda c’è la vera chicca: lo definirei un curioso synth-tango. Da ascoltare al seguente link (difficile da trovare se non si inseriscono i caratteri giapponesi).

https://youtu.be/4HK2a1LkVjA?si=cS1-eMvL6BEXyJr-

Degna di nota anche la copertina, a me piace molto, essenziale ed espressiva:

La sigla italiana

A chi dobbiamo la realizzazione di questo brano? C’è da chiederlo? Dobbiamo ancora dire qualcosa sul duo Albertelli-Tempera? I Fratelli Balestra, trio già citato in altre occasioni, contribuì per le parti vocali mentre non è chiaro chi si celasse dietro le parti strumentali. Le formazioni dell’epoca, abbiamo ormai imparato a comprenderlo, erano si molto varie ma spesso composte dai “soliti noti” che orbitavano dietro le principali case discografiche dedite alle sigle. I turnisti dell’epoca spesso non si ricordano nemmeno a quali sigle avessero partecipato ed è piuttosto infrequente vedere un’intera band accreditata sul 45 giri. Ce ne faremo una ragione! Il 45 giri di Daitan 3 fu pubblicato nel 1980 dalla Fonit Cetra. Gli autori in questo caso si nascosero dietro la band “I Micronauti”, ennesimo pseudonimo dell’epoca. Fu prodotto anche un altro brano, “Futuromania”, che andò ad occupare i solchi del lato B del 45 giri. Il brano è ispirato alla serie “Daitarn 3” ma non comparve come sigla e, a mio modesto avviso, non spicca per particolare bellezza.

Analisi del brano e della linea di basso

Come dicevo poc’anzi, del bassista autore della bassline non si sa nulla. Poteva essere Ares Tavolazzi che spesso collaborava con tempera? Dallo stile non mi sembrerebbe. Julius Farmer, anch’esso collaboratore di Tempera? Poteva essere lo stesso Mauro Balestra? Non è dato sapere. Resta il fatto che la linea di basso è una delle più famose di tutto il panorama siglesco italiano!

Il brano è in tonalità di Do diesis minore/Mi maggiore, è in 4/4 (con l’eccezione di un’unica battuta) e ha un metronomo non proprio permissivo a 152 per la semiminima (considerando che ci sono anche sedicesimi nel brano non è proprio un lento incedere!). Complessivamente il pezzo non si discosta mai dalle tonalità principali, rimanendo fedele ad un impianto armonico solido e quanto mai regolare. Può essere genericamente diviso in tre sezioni principali più un intro e un paio di break musicali.

L’arrangiamento generale è piuttosto semplice e, oltre ad una poderosa sezione ritmica, veramente portante, si avvale di qualche effetto, tastiere e della chitarra elettrica.

Sezione A: l’intro è la prima parte “storta” del brano. Le note sono corte e nella prima misura c’è uno spostamento di accento che può portare facilmente fuori se non si presta attenzione.

Sezione B: qui c’è il tutto il groove che ha reso famoso il giro di basso. Divertente da suonare, ipnotico e piuttosto semplice tecnicamente, una vera goduria per le dita e per le orecchie.

Sezione C: ottavi dritti per 32 battute per un lungo bridge che monta lentamente arrivando a dinamiche da energia solare. In questa sezione segnalo il passaggio alla misura 13 eseguito con ottave spezzate. Probabilmente in origine non è stato eseguito ogni volta così ma alternato con il più semplice schema della misura 21. Non è importante eseguirlo nei punto corretti ma assimilare le differenze ed eseguirlo come più ci piace. Io ho riportato una volta entrambe le versioni per dare l’idea.

Sezioni D1 e D2: questa è la parte ostica, quella che più di tutte mi ha fatto esaurire ogni forza! Mi perdonerete fin da subito le imprecisioni esecutive e di timing! In entrambe le sezioni vengono eseguite ottave spezzate sul giro armonico con brevi passaggi diatonici. La particolarità è tutta nello schema ritmico ripetitivo che si può già vedere a partire dalla seconda parte della misura 24. A questo punto vorrei chiarire alcune questioni: lo schema di sedicesimi comprende, oltre alle prime due note, una pausa e una ghost note. Vista la rapidità esecutiva è possibile che la ghost non sia in realtà una ghost ma una nota reale. Poco cambia e anzi, direi che andrebbe eseguita nel modo in cui vi sentite più a vostro agio per non sacrificare la fluidità del brano. In secondo luogo, ho preferito dare più linearità alla sezione D2, togliendo i passaggi ritmici di sedicesimi e dando regolarità ai passaggi diatonici delle misure 49 e 50. In entrambe le sezioni D in realtà lo schema ritmico caratteristico non è sempre eseguito e anche qui mi sento di dire che ci deve essere molta libertà, per poterlo mischiare a proprio gusto con i passaggi che più ci aggradano.

Al termine della sezione D1 ci sono 4 battute che conducono alla ripetizione del brano a partire dalla strofa. Le misure 32 e 33 seguono lo spostamento d’accento della prima misura dell’intro, facendo attenzione alla misura 33 che è accorciata al 3/4.

Dopo la ripetizione della strofa segue quella del bridge e del ritornello per poi avviare uno special fatto di note lunghe e voce robotica!

Il Sol diesis settima cade geometricamente sul Do diesis minore dell’ultimo ritornello che viene ripetuto sfumando ad libitum nell’originale.

Altro da dire sulla linea di basso non ne ho se non che serve necessariamente un po’ di studio per renderla uniforme. Un lieve calo di dinamica nel ritornello è comprensibile e, in una certa misura, avviene anche nell’originale. Se le vostre dita ve lo consentono provate a cimentarvi in questo must delle sigle.

Spendo un’ultima frase per chiudere la prima stagione di Anime Basslines, questa nuova impresa di Basscommunity che sta avendo molto successo e mi sta dando molta soddisfazione, derivata in gran parte dal vostro riscontro positivo!

Credo che sia arrivato il momento per riposare un po’, augurarvi una buona estate e darvi il mio arrivederci a settembre!

Alla prossima, Community!

Di Giampaolo "il doc" Ciccotosto

Sono nato anni fa, mentre Actarus arrivava in Italia a bordo di Goldrake. Cresciuto a pane, insalate di matematica e vitelli dai piedi di balsa, ho cominciato a respirare musica a fine anni '80 suonando per tanto tempo 88 tasti: erano troppi e ho provato con 6 corde. Inutili anche quelle...ne bastavano 4! Negli anni '90 arrivarono poi in Italia quegli strani fumetti pieni di ramen, katane e buffi sandali di legno: capii finalmente da dove arrivavano tutti i cartoni animati! Dal fragoroso incontro tra musica e anime uscì fuori quell'amore per le sigle che dura fino ad oggi! Ah, dimenticavo: nel tempo che mi rimane sgombro dall'essere un discutibile musicista, faccio anche il medico e mi occupo della mia numerosa famiglia!