La sigla più misteriosa di sempre, da far sembrare comune un chupacabra, gli autori e gli interpreti più sfuggenti del mondo dei cartoni animati, la quest più entusiasmante del secolo che neanche a Baldur’s Gate, il sogno proibito dell’adolescente medio degli anni ‘80 e ‘90, il due pezzi tigrato più famoso del globo, tutto questo è Lamù, la ragazza dello spazio!
Il manga
Urusei Yatsura è un manga del 1978 ed è la prima opera di sua maestà Rumiko Takahashi. Universalmente riconosciuta come “la regina dei manga”, l’esordio della Takahashi fu, come si suol dire, “col botto”! Ancora studentessa iniziò a serializzare Urusei Yatsura su Weekly Shōnen Sunday della casa editrice Shōgakukan. Lamù occupò le pagine della rivista dal 24 settembre 1978 al 4 febbraio 1987. Il successo su larga scala (sebbene non immediato) portò all’edizione in 34 tankōbon e alla successiva produzione dell’anime. Il successo planetario portò alla realizzazione, negli anni, di altre edizioni tra cui una wideban in 15 volumi, una bunkoban in 18 volumi e una shinsoban nuovamente in 34 volumi oltre a edizioni considerate minori come ad esempio quelle per i market 24h e destinate ai lettori di manga non abituali.
La prima edizione Italiana fu del 1991 da parte della Granata Press e venne interrotta nel 1995 a causa dell’imminente fallimento della casa editrice: stessa sorte subita da tanti altri fumetti di quel periodo. Star Comics pubblicò in seguito la serie completa tra il 1° febbraio 1997 e il 1° gennaio 2001 in ben 45 volumetti. Una pubblicazione più recente e degna di attenzione è la Perfect Edition, sempre di Star Comics, in 17 volumi con tavole a colori, pubblicata tra il 2019 e il 2021.
Perché Rumiko Takahashi ebbe questo successo editoriale? Sicuramente le storie sono interessanti, divertenti e per certi versi originali e hanno catturato nel tempo l’attenzione di tantissimi lettori. Il suo stile grafico è semplice ma non usuale, quasi pittorico: alcune tavole, soprattutto se a colori, sono delle vere opere d’arte e approfondendo la sua conoscenza come autrice si finisce necessariamente per apprezzarne la ricchezza di contenuti, spesso molto profondi. Nei suoi racconti ha sapientemente fuso elementi shōnen con elementi shōjo (sebbene le sue storie siano dichiaratamente shōnen) suscitando l’interesse di un pubblico piuttosto ampio e dando il via ad una vera e propria rivoluzione di target letterari. Nei suoi lavori sono sempre presenti molti aspetti della tradizione e del folklore nipponici che impreziosiscono la narrazione e risultano sempre assai graditi. Elementi magici, fantastici, tradizionali e contemporanei che convivono lungo archi narrativi anche piuttosto lunghi ma mai noiosi essendo presente una forte componente comica.
Rumiko Takahashi non è però solo Lamù. La regina ha concepito storie di altrettanta fama, tra le più importanti nel panorama dei manga: Ranma 1/2, Maison Ikkoku e Inuyasha i suoi titoli più famosi. Una fama certamente meritata anche solo pensando al merchandising sconfinato che queste sue opere hanno generato.
L’anime
Lamù è basato su gag semplici e divertenti, basate prevalentemente sul linguaggio del corpo. La comicità risulta spesso surreale e le scene non lasciano respiro. Il ritmo è frenetico, senza momenti morti e sempre sottolineato da una colonna sonora strumentale che fa molto uso dell’elettronica, amplificandone la potenza. Le battute presenti sono per nulla banali ma difficilmente possono essere considerate destinate ad un pubblico di bambini. Non sono rari i fraintendimenti e le allusioni sessuali che però non sfociano mai nel cattivo gusto.
Le puntate sono 195 e durano tutte 25 minuti. Le puntate della prima stagione sono tutte prevalentemente composte da due episodi di 12 minuti e mezzo circa. Esistono a tal proposito due modi di conteggiarle: alcuni preferiscono infatti numerare i singoli episodi e questo porta a 218 il numero totale. Comunque le si conteggi, le trasmissioni iniziarono il 14 ottobre del 1981 e terminarono il 19 marzo 1986 e andarono in onda su Fuji TV. La regia fu di Mamoru Oshii (ep. 1-106) che per motivi personali fu interrotta e ceduta a Kazuo Yamazaki (episodi 107-195). Questi mantenne una certa continuità pur determinando un apprezzabile cambio di stile.
Nel 2022 “Urusei Yatsura” venne completamente riadattato: un prodotto del tutto nuovo che poco aggiunge alla novità della prima edizione. Risulta tuttavia ben congegnato e apprezzabile, forse più adatto a quelle generazioni che non hanno mai visto la prima edizione.
Nonostante le differenze, in entrambe le edizioni, nel primo episodio si assiste alla celebre acchiapparella dove Ataru Moroboshi, lo sfigato protagonista, deve afferrare Lamù (figlia del capo degli invasori alieni) per le corna al fine di salvare il mondo dall’invasione degli Oni (i demoni della tradizione giapponese). Questo evento si riferisce alla leggenda secondo cui chi riesce a prendere per le corna un Oni, vedrà espresso un proprio desiderio. Inaspettatamente Lamù, dopo essere stata battuta, scambia il desiderio di di Ataru di sposare la propria fidanzata Shinobu per una richiesta matrimoniale a lei destinata. Da qui in avanti Lamù resterà come sposa auto-dichiarata di Ataru dando origine ad una cascata di gag e personaggi senza fine. Non solo, durante tutte le numerose puntate, le citazioni e gli omaggi a personaggi, opere ed autori sono pressoché interminabili. All’interno degli episodi, spesso solo in fugaci fotogrammi, sono nascosti riferimenti a Kyoko di Maison Ikkoku (moltissimi a dire il vero), alla leggenda tradizionale di Momotarō, simboleggiato da una pesca e accompagnato da un cane, un fagiano e una scimmia, a Salvador Dalì, Ultraman, Botticelli, Frankenstein, Son Goku, Moby Dick, Tiger Mask, Gamera, C-3PO, Yoda, Godzilla, Superman, Spiderman, Arale, Wendy, Campanellino e Peter Pan, Rocky Joe, Moonlight Mask, Mazinga Z, E.T., Alien, Char Aznable di Mobile Suit Gundam, Darth Vader, Bruce Lee, alla serie anime “Cyborg, i nove supermagnifici”, allo studio Ghibli, ai Beatles, Devilman, Ken Shiro, Lupin, Leiji Matsumoto, Mothra, Wonder Woman, Gundam e tantissimi altri. Gettarsi nella ricerca di tutte le possibili citazioni potrebbe essere addirittura un modo differente e stimolante per rivedere l’intera serie. Non ultima viene la rappresentazione completa della leggenda della scomparsa del sole da parte della dea Amaterasu. Questa avviene nell’ultima puntata in un crescendo che porta praticamente tutti i personaggi apparsi nella serie a sfilare lungo l’episodio.
L’anime segue solamente in parte le narrazioni del manga (l’episodio 16 è il primo a discostarsene) portando con sé molte differenze. Il manga tuttavia proseguì per un anno oltre la fine dell’anime e questo, se da un lato scontentò i fan più accaniti, dall’altro permise di sfruttare altro materiale per la realizzazione di alcuni OAV.
Un anime ricchissimo, sorprendente, la cui forza è racchiusa nella moltiplicazione dei personaggi coinvolti, nell’originalità della storia, nella dirompente comicità, nel legame con le tradizioni giapponesi e nella potenza del messaggio che la Takahashi ci lascia relativamente al gentil sesso.
Lamù, la splendida aliena dai capelli verdi (il colore originale in realtà è una specie di arcobaleno cangiante) fu in Italia come in Giappone una vera e propria icona sexy. Dopo che Gō Nagai portò l’erotismo nei manga con “La scuola senza pudore” e “Kekko Kamen”, considerati i capostipiti del genere ecchi, la Takahashi fece evolvere ulteriormente quella ironica malizia fatta di tette al vento e mutandine. Lamù non è però il classico personaggio messo lì col preciso fine di esporre il proprio seno. Da una parte personaggio un po’ nagaiano, dall’altro dolce, ingenuo, legato alla famiglia e soprattutto rispettoso della propria femminilità. Soprattutto nei manga più datati, la donna è rappresentata ancora con un ruolo sociale non proprio paritario rispetto a quello dell’uomo. Leggendo la letteratura giapponese ci si imbatte spesso in personaggi femminili anonimi, sottomessi e inerti. L’origine di queste differenze hanno radici storiche precise e persistono in varie forme nel Giappone contemporaneo. Sebbene la società attuale non permetta più come un tempo la completa dipendenza e sottomissione alle figure maschili, l’impossibilità di ricoprire cariche pubbliche, la poligamia, la segregazione, l’obbligo di generare almeno un figlio maschio, l’obbligo di essere vergini per potersi sposare e l’uxoricidio per infedeltà, solo nel secondo dopoguerra vennero raggiunti alcuni obiettivi importanti come il diritto al voto, le pari opportunità in ambito lavorativo, la legalizzazione della pillola contraccettiva, il divorzio, la libertà di possedere beni propri, il diritto allo studio e quello di mantenere la custodia dei figli. Ancora oggi però il matrimonio combinato riguarda la realtà di circa il 40% delle donne giapponesi, in ambito lavorativo e retributivo ci sono ancora sensibilissime differenze e la strada da percorrere è purtroppo lunga e impervia (e non è un dato che riguarda solo la Cina).
Alla luce di quanto detto, Lamù rappresenta una donna che si impone con prepotenza nella vita, sceglie il proprio compagno, manifesta la propria gelosia, le proprie emozioni e le proprie idee. Tutte le donne della serie sono in realtà piene di carattere e non permettono mai che chicchessia possa intaccare la propria personalità: la loro dignità è sempre centrale e viene difesa con ardore e consapevolezza. Forse il fatto che Lamù sia un’aliena vuol dire che per imporsi in tale società sia necessaria una presa di posizione di qualcuno che abbia un carattere ben distinguibile dalla massa. Lamù appare così come uno stimolo, un esempio da seguire.
Questo anime sgretola le regole imposte dalla società alla donna e impone l’autorità femminile che tutte vorrebbero avere. Mi preme però focalizzare su una questione essenziale: le tradizioni in senso lato non rappresentano un male ma una splendida risorsa da salvaguardare. Lamù non le demonizza ma rispetta i valori tradizionali familiari e sociali. Spesso si fraintende l’idea di parità di diritti e pare che una società paritaria non possa in alcun modo coesistere con il concetto tradizionale di società e di famiglia. Non c’è a mio avviso niente di più sbagliato in questa visione: la famiglia tradizionale è per fortuna ancora il nucleo cardine di ogni società e di essa costituisce le fondamenta. Senza di questa la società cesserebbe di esistere come tale e la razza umana giungerebbe all’estinzione per palese abbandono sul campo delle leggi naturali. Lamù secondo me ci vuole trasmettere esattamente questo: la società contemporanea deve lavorare seriamente per garantire equità sociale, conservando le tradizioni culturali che la fondano. Solo così, facendo coesistere e integrando questi due aspetti, l’essere umano ne uscirà migliore.
In Italia con il cartone animato cosa accadde? Le trasmissioni iniziarono sulle TV private e questo permise di sfuggire alla censura restituendoci una serie godibile al pari dell’originale. Dati certi sulla prima messa in onda non ce ne sono ma probabilmente, dopo essere stata acquistata dalla TBS fece il suo esordio nel 1983 su Telecapri, Retecapri o altre reti. La data non è certa e la prima documentazione è quella del 29 gennaio 1984 su Telecapri. Vennero inizialmente trasmessi solo 86 episodi, ritrasmessi a settembre 1987 e successivamente su Odeon TV proseguendo fino all’episodio 129. La prima “stagione” ebbe il titolo di “Lamù, la ragazza dello spazio” mentre la seconda venne rinominata “Superlamù”.
Negli anni ’90 furono pubblicate le cassette VHS da parte di Yamato Video mentre aveva già acquistato i diritti sui lungometraggi dedicati alla serie. Nell 1999 la serie venne ritrasmessa con il titolo “Mi hai rapito il cuore, Lamù”. Nel 2006 invece uscì un’edizione DVD di tutta la serie, completa dei 65 episodi rimasti inediti.
Nel 2010 vennero riproposti sul canale Man-ga di Sky gli ultimi 65 episodi con ancora un nuovo titolo: “Le nuove avventure di Lamù”. Forse per evitare ogni confusione creata con tanti titoli, le successive trasmissioni sono andate tutte sotto il titolo iniziale di “Lamù, la ragazza dello spazio”.
Oltre alla serie canonica, il corpus delle opere relative alla nostra tigrata demonietta, prevede ben 12 OAV prodotti tra il 1983 e il 2007. I primi 11 sono stati raccolti in DVD da Yamato Video nel 2007 e poi trasmessi sul canale Man-Ga mentre l’ultimo OAV è ancora inedito. Oltre agli OAV esistono 6 lungometraggi che sono stati anch’essi distribuiti da Yamato Video prima in VHS e DVD e poi sono stati trasmessi su Man-Ga nel 2011.
Le sigle originali
Ce ne sono una valanga. Farò ordine dando i consueti riferimenti.
“Lum no Love Song” – Composta e arrangiata da Izumi Kobayashi. Testo di Akira Ito. Interpretata da Yoko Matsutani. Sigla di apertura degli episodi 1-77. Anche la prima sigla giapponese credo sia ormai celebre. Un motivetto decisamente valido ed orecchiabile sostenuto da un basso semplice e dall’accompagnamento non troppo usuale.
“Dancing Star” – Composta da Izumi Kobayashi. Arrangiata da Fumitaka Anzai. Testo di Akira Ito. Interpretata da Izumi Kobayashi. Sigla di apertura degli episodi 78-106. Anche la seconda sigla è simpatica e accattivante e il basso come tutto l’arrangiamento non lascia prendere fiato. L’intermezzo synth spezza un po’ il ritmo ma è breve e ben concepito.
“Pajama Jama da!” – Musica di Tetsuji Hayashi, arrangiamento dei Virgin VS, testo di Chinfa Kan. Interpretata da Litz. Sigla di apertura degli episodi 107-127. Un intro decisamente strano che sembra bloccato sulle sue ritmiche ritenute poco inclini all’evoluzione ma che improvvisamente si apre ad un pezzo trascinante e dal sapore completamente diverso. Molto anni ’80.
“Chance on Love” – Musica di Yuichiro Oda, arrangiamento di Katz Hoshi. Testo di CINDY e Mebae Miyahara. Interpretata da CINDY. Sigla di apertura degli episodi 128-149. Un brano diverso. Sentendolo non sembra scritto per un anime. Sarà forse l’uso della lingua inglese che lo fa apparire un po’ distante dal concetto di anime ma resta un brano ben scritto sebbene non spicchi a mio avviso di originalità.
“Rock the Planet” – Composta da Yukihide Takekawa, arrangiata da Kazuo Shiina. Testo di Ralph McCarthy e Goro Matsui. Interpretata da Steffanie. Sigla di apertura degli episodi 150-165. Siamo in pieno stile anni ’80, manca solo Bon Jovi. Chitarre elettriche degne del titolo. Con Lamù c’entra veramente poco ma l’assolo è uno di quelli classici come ormai non se ne sentono più.
“Tonogata Gomen Asobase” – Composta da Tsunehiro Izumi, arrangiata da Kimio Mizutani. Testo di Yoko Aki. Interpretata da Shoko Minami. Sigla di apertura degli episodi 166-195. Una ritmica allegra e alcune incursioni pianistiche in qua e là rendono il brano fresco e gioioso, vicino alle atmosfere interne della serie.
“Uchū wa Taihen da!” – Composta e arrangiata da Izumi Kobayashi. Testo di Akira Ito. Interpretata da Yoko Matsutani. Sigla di chiusura degli episodi 1-21. Chiusura in grande stile Lamù. Un brano festante che si avvale anche di un coro dalla vocalità piuttosto eterogenea, quasi scomposta, come se a sostenerlo ci fossero i personaggi della serie. Anche il basso accompagna in modo classico ma interessante.
“Kokorobosoi na” – Composta da Izumi Kobayashi, arrangiata da Hisashi Ichi. Testo di Chieko Schrader e Shou Jitsukawa. Interpretata da Satoko Yamano. Sigla di chiusura degli episodi 22-43. Questa è a mio avviso una delle hit originali cardine di Lamù. Irrinunciabile l’ascolto, sembra quasi uno scioglilingua ma non può che farvi sorridere e muovere la testa pensando ad una Lamù scatenata nelle sue avventure! Uno dei brani più azzeccati in assoluto.
“Hoshizora Cycling” – Composta, arrangiata e interpretata dal gruppo giapponese Virgin VS. Sigla di chiusura degli episodi 44-54 e 65-77. Bah, brutto è brutto però non lo riesco a scartare forse perché dal punto di vista delle basse frequenze è il più impegnativo e articolato.
“I, I, You and Ai” – Composta e arrangiata da Izumi Kobayashi. Testo di Yoshihiko Ando. Interpretata dalla stessa Izumi Kobayashi. Sigla di chiusura degli episodi 55-64. C’è da restare almeno un po’ interdetti dal primo incontro con questo brano: sebbene si apra con un breve intro altisonante che ci illude che stia iniziando una cosa tipo 2001 Odissea nello spazio, non passano che pochi secondi e ci troviamo su una spiaggia Hawaiana, all’ombra delle palme per poi finire con un ritornello morbido e soave.
“Yume wa Love Me More” – Composta da Izumi Kobayashi. Arrangiata da Yuji Kawashima. Testo di Akira Ito. Interpretata da Izumi Kobayashi. Sigla di chiusura degli episodi 78-106. Ampio uso dell’elettronica. I musicisti a malapena ci stanno qui ma a me sto ritornello melodioso con il synth sottostante che si muove cromaticamente mi fa morire.
“Koi no Moebius” – Composta Hirotsugu Hayakawa, arrangiata dal gruppo Virgin VS. Testo di Shou Jitsukawa e Sachio Kubota. Interpretata da Litz. Sigla di chiusura degli episodi 107-127. Brano con largo uso dell’elettronica, del resto come quasi tutti gli altri. La canzone ha un arrangiamento interessante, posato e non banale.
“Open Invitation” – Composta da Mickie Yoshino, arrangiata da Katz Hoshi. Testo di Ralph McCarthy e Mebae Miyahara. Interpretata da CINDY. Sigla di chiusura degli episodi 128-149. In stile col resto dei brani ma, se posso, meglio evitare l’inglese in Giappone! La ritmica è sempre molto allegra e fa pensare alla carrellata di personaggi che la serie ci offre. Ben congegnata come sigla di chiusura.
“Every Day” – Composta da Mickie Yoshino, arrangiata da Kazuo Shiina. Testo di Ralph McCarthy. Interpretata da Steffanie. Sigla di chiusura degli episodi 150-165. Altro pezzone rock ben scritto. Come nel caso di “Rock the planet” non è facile accostarlo alle atmosfere dell’anime.
“Good Luck (Eien Yori Ai o Komete)” – Composta da Tsunehiro Izumi, arrangiata da Kimio Mizutani. Testo di Yoko Aki. Interpretata da Shoko Minami. Sigla di chiusura degli episodi 166-195. Un pezzo un po’ sottotono rispetto alla media nonostante qualche sezione di slap al basso.
Oltre alle precedenti, vanno citate per completezza le seguenti canzoni utilizzate come brani interni alle puntate: “Cosmic Cycler” (episodio 37), “Fushigi Kirei” (episodi 125, 134 e 168), “Half Moon wa Tokimeki Iro” (episodio 182), “Jidai Okure no Sakaba” (episodio 112), “Margarita” (episodio 65) e “Moonlight Coaster” (episodio 39).
La sigla italiana
Qui nacque il mistero più misterioso tra i misteri legati alle sigle. Fino a poco tempo fa e per lunghi anni di questa sigla non si sapeva nulla. Chi l’aveva scritta? Chi l’aveva cantata? Boh…nessun riferimento, niente di niente. Il buio più profondo. Finché un bel giorno…segue un estratto degli splendidi articoli, risolutori di un vero e proprio caso poliziesco e arrivati dopo anni di ricerche inizialmente infruttuosi e disarmanti. Questi articoli sono integralmente disponibili online ai seguenti indirizzi (e ne ringrazio vivamente e con eterna riconoscenza gli artefici:
https://mikimoz.blogspot.com/2021/02/intervista-ciro-dammicco-lamu.html https://mikimoz.blogspot.com/2022/05/mistero-sigla-lamu-storia.html
< Noam Kaniel e Ciro Dammicco sono i nomi chiave di questa sigla. Quest’ultimo ha ammesso di essere la voce principale del brano; Dammicco è stato fondatore e direttore artistico di Videomusic, co-fondatore della Eagle Pictures ma anche cintura nera di taekwondo, autore, produttore e ovviamente cantante e compositore di successo prima con “I Bisonti” e “Flora Fauna e Cemento” per poi raggiungere il grande successo con i “Daniel Sentacruz Ensemble”, oltre che da solista.
L’approccio alle sigle nacque perché andava a registrare i suoi brani in uno studio di Haim Saban sulla Ventura Boulevard a Los Angeles e lì gli chiesero, visto che cantava in italiano, se volesse fare con loro le sigle di cartoni animati che Haim produceva per i mercati mondiali. Si divertì a farlo e in cambio non gli facevano pagare lo studio per le altre sue cose. Dammicco ha utilizzato pseudonimi come “I Sorrisi” come autore de “Il magico mondo di Gigì” o “Superbanda” con cui interpretò “Ulisse 31”: non era importante per lui mettere il proprio nome perché fare sigle di cartoni animati era un gioco e un modo per aiutare Haim Saban e Shuky Levy a realizzare quello di cui avevano bisogno. Nell’intervista Dammicco dichiara apertamente che non credeva che dopo così tanto tempo gli avrebbero chiesto se fosse stato proprio lui ad aver cantato questa o quella sigla e si dice stupito di aver scoperto che la ricerca per Lamù è andata avanti per tanti anni. Si mostra felice del fatto che la sua musica sia stata parte anche solo per un attimo della vita delle persone.
Ricorda che Shuky Levi scrisse la melodia del brano di Lamù. Egli gliela fece ascoltare mentre Alberto Testa scrisse i testi. Della sigla di Lamù non conserva incisioni originali e ipotizza che solo Shuky Levi possa averle ancora. Dammicco cantò la sigla insieme a Noam Kaniel. Steve Rucker probabilmente era al piano mentre Steve Marston era al basso; altri due nomi possibili per i musicisti sono quelli di Bill Fowler alla chitarra e Tom Walsh alla batteria. Tutti musicisti che Dammicco ricorda e che lavoravano abitualmente per Saban.
Ciro Dammicco vive attualmente in Sicilia con la sua compagna e suo figlio.
Rivediamo, attraverso il secondo articolo citato, la cronologia degli eventi che hanno condotto alla realizzazione della sigla:
1981, Giappone
La serie Urusei yatsura, viene trasmessa in Giappone.
1982, Cannes
Alla fiera televisiva MIPCOM, lo stand della Fuji Television presenta Urusei yatsura; Costantino Federico, patron di Telecapri ne acquista i diritti. L’imprenditore e produttore Mohamed Farouk “Frank” Agrama fa da intermediario per portare Lamù a Capri.
1982, Los Angeles
Agrama si occupa di far confezionare una sigla ai suoi musicisti di fiducia affidandosi a Shuki Levy e Haim Saban. La sigla viene prodotta dunque dalla Saban Records, composta da Shuki Levy, cantata da Ciro Dammicco con i cori di Noam Kaniel, arrangiata da Steve Rucker e probabilmente registrata da Ryan Ulyate. I testi, come già detto, sono di Alberto Testa. Agrama incarica la Ricmon Sound di Roma per il doppiaggio. Giancarlo Venarucci si occupò delle fasi del montaggio applicando sigle e titoli su pellicole da 16mm; il materiale arrivava in bobine. Per Lamù, Venarucci sembra ricordare di essersi limitato a inserire titoli e crediti su ogni episodio, quindi lavorò su una serie che giunse già con la sigla montata.
1983-84, Italia
Lamù finalmente arriva sui nostri teleschermi, trasmesso da Telecapri.
Anni ’90
I diritti dell’opera passano a Yamato Video che pubblica le VHS dell’opera.
A fine anni ’90, col ritorno di Lamù sulle televisioni nazionali, la Yamato affida a Stefano Bersola una nuova opening track che dà anche un nuovo titolo alla serie: “Mi hai rapito il cuore, Lamù”.
Anni 2000, il mistero
Ci si rende conto che la sigla di Lamù, oltre a non essere mai stata pubblicata su disco ed esistere quindi solo in formato televisivo, non ha un cantante accreditato. Si indaga in SIAE senza ottenere nulla e c’è anche chi, come Mirko Fabbreschi del gruppo Raggi Fotonici, deposita il brano a suo nome nella speranza di far uscire allo scoperto gli artisti originali. Nulla di fatto, nessuno si fa vivo.
2018, la ricostruzione
Ipotizzato dopo tante ricerche il nome di Dammicco, egli viene raggiunto via mail e gli viene chiesto se avesse cantato la sigla del cartone animato Lamù ma in un primo momento il musicista nega il suo coinvolgimento in quel brano. Successivamente giungono però le prove che a portare Lamù in Italia fu la società di Frank Agrama, avvalorando quindi le connessioni supposte.
2018-2019, Il ritorno in TV
Telecapri annuncia il ritorno di Lamù sulle sue frequenze sebbene non fosse mai sparito del tutto nel corso degli anni. I master sono quelli storici.
Gennaio 2020, Noam Kaniel
Nuovamente, dopo ulteriori ricerche e supposizioni, si fanno ipotesi e appare il nome del cantante Noam Kaniel, collaboratore di Levy e Saban e interprete storico di diverse sigle cartoon estere. Egli viene raggiunto su Instagram e lui si riconosce nei cori della sigla; ricorda di averci lavorato tanti anni prima negli Stati Uniti, in un duetto col cantante italiano principale di cui, però, non rammenta il nome.
Marzo 2020, Ciro Dammicco
A Noam Kaniel viene fatto il nome di Ciro Dammicco e questi infine ricorda che il cantante italiano a Los Angeles era proprio lui. Anche Shuki Levy, contattato da Kaniel, conferma quel nome. A questo punto è Giuseppe Intorre (autore della precedente intervista, riportata nei suoi punti salienti) a intrattenere una corrispondenza col maestro Dammicco che stavolta ammette di essere la voce principale nel brano. Probabilmente non ricordava bene i fatti ma le conferme di Kaniel lo convincono e gli rinfrescano la memoria.
Primavera 2021
La web radio “RadioAnimati” contatta Ciro Dammicco successivamente all’intervista citata e l’artista spiega che la frase del brano “e io tremo perché so…” dovrebbe essere stata scritta da lui, con influenze da Aznavour; ammette anche di essere stato già contattato per quanto riguarda il mistero ma di aver negato il suo coinvolgimento perché non ricordava che sigla fosse Lamù prima della ricostruzione della questione. Riascoltando il brano, conferma di riconoscersi nella voce.
2021, nuovi dettagli
Il tastierista e arrangiatore Steve Rucker, in merito alla sigla, afferma: “ricordo vagamente questa registrazione. In quel periodo il Sound Connection era una vera e propria fabbrica musicale. Shuki scriveva due o tre canzoni per una sessione e io scrivevo l’arrangiamento per i musicisti e suonavo il piano e il sintetizzatore (il suono della fisarmonica udibile in questa canzone). […] sfortunatamente è tutto pre-digitale e non ho una copia della musica”. Ryan Ulyate è invece il probabile fonico del brano, e risponde: “sono stato coinvolto nell’ingegnerizzazione di parte di questi brani (quelli del Sound Connection Studio) ma non ho memoria o copie di Lamù”.
Estate 2021, San Marino
Ciro Dammicco sul palco del San Marino Comics ha ribadito che spesso i lavori fatti per la Saban Records non venivano nemmeno firmati ma lavorati dietro nomi generici (I sorrisi, Superbanda…).
2021, la risposta di Shuki Levy
Pochi giorni dopo San Marino Comics, Shuki Levy risponde a Giuseppe Intorre con una mail: “sfortunatamente, non possiedo nessuna di queste registrazioni. Ho dei bei ricordi del divertimento che tutti noi abbiamo provato allo studio, mentre registravamo questa sigla”. Nemmeno lui, dunque, ha una copia della canzone, ma ricorda chiaramente di averci lavorato.
Insomma, del master originale non c’è apparentemente traccia. Chissà che qualcuno degli eroi che si è speso per questa immensa ricerca non continui a cercare e prima o poi lo riesca a trovare…
Analisi del brano e della linea di basso
Finalmente, dopo un lungo articolo, arrivo a parlare di musica nel dettaglio.
Il pezzo si compone di 123 misure da 4/4 e il metronomo corre un po’: la semiminima è fissata a 151. Potreste trovarvi, con un’accordatura standard, non proprio intonati al centesimo ma non dovrebbe essere un problema, la differenza con l’originale non è enorme.
La struttura è semplice e, se escludiamo la frase d’introduzione che occupa le prime 9 misure, il pezzo segue un semplice schema A1-B1-A2-B2-A3-B3. In pratica è un’alternanza di strofa e ritornello che si ripete tre volte con l’eccezione che sulla terza strofa il testo è sostituito da una sezione strumentale. Il ritornello finale si ripete sfumando.
L’intro apre il brano con una struttura che non è altro che quella di un frammento del ritornello pertanto lo analizzeremo quando parlerò di quest’ultimo. Osservate solo che alla nona misura c’è una semibreve d’attesa che regge un accordo di F7/#5 il quale crea una tensione utile al lancio della strofa in Bb.
A1 – Sono 16 misure che prevedono i passaggi sui seguenti accordi: sulle prime 8 misure, cambiando accordo ogni 2 misure, compaiono Bb, D7 (come V grado di Gm), Gm e Bb7; sulle successive 6 misure il cambio è ad ogni misura e si passa da Eb, D7, Gm, Ebm6, Bb e F7; le ultime due misure staccano ritmicamente e concludono la strofa con la rapida sequenza diatonica discendente Eb, Dm, Cm e Bb.
La linea di basso segue sempre la stessa figurazione ritmica e usa spessissimo passaggi cromatici per passare da un accordo all’altro oppure si tiene su note dell’accordo di riferimento. Qualche passaggio va studiato, non tanto per la velocità di esecuzione che è ancora permissiva ma per la diteggiatura. Sta a voi trovarne una comoda che vi permetta di eseguire il brano con fluidità. Ce ne sono diverse che anche io stesso ho provato.
B1 – Il ritornello alterna per 10 misure il V grado e il I grado della scala cambiando accordo ogni 2 misure, ritorna su Bb, poi G7 (V grado di Cm) e quindi inizia una bella sequenza discendente per tornare alla strofa: Cm7, F7, Bb, Bb7/Ab, Eb/G, Ebm/Gb e F. Nelle ultime 3, misure del ritornello il basso fa dei salti di ottava per sottolineare il passaggio discendente concluso cromaticamente. Anche qui, occhio alle diteggiature e agli spostamenti sul manico.
A2 – Identico blocco di accordi. La linea di basso esegue le stesse cose con alcune piccole variazioni che, pur non essendo determinanti per l’armonia, costringono a modificare un po’ la diteggiatura. Ad esempio alla battuta 42 c’è un salto di quinta che bisogna “andare ad afferrare”, poi alcuni passaggi non sono più cromatici e via dicendo.
B2 e B3: identici al primo ritornello
A3 – L’ultima strofa è strumentale e anche qui ci sono delle variazioni sulla linea di basso. Come per la precedente non sono variazioni determinanti e potrebbero anche essere omesse ma se le si vuole eseguire bene occorre prestare di nuovo attenzione alla diteggiatura di alcuni passaggi.
Bene, quest’oggi non ve la siete cavata con un brano per principianti ma non si poteva, dopo Miss Dronio e Ransie, non concludere la triade sexy per eccellenza tra i personaggi degli anime!
Divertitevi e alla prossima, Community!