“Heidi” (Arupusu no Shōjo Haiji) è il primo cartone animato giapponese apparso in Italia. Vero, ci sono stati alcuni lungometraggi, ci sono stati Kimba, i Barbapapà e Vicky il vichingo ma questo, sebbene sia tratto da un romanzo occidentale, è il primo cartone animato a puntate che abbia anche la produzione interamente giapponese e che contemporaneamente ha avuto una sigla prodotta in Italia. Come dicevo, il romanzo originale è della svizzera Johanna Spyri che scrisse “Heidi” nel 1880. Il romanzo è molto bello e chi apprezza la letteratura di fine ‘800 troverà piacere nel leggerlo.
Mi piace spesso pensare ad “Heidi” come ad un ponte tra l’Europa e il Giappone, un contatto tra due culture molto distanti attraverso la collaborazione artistica ma anche un ponte tra due epoche distanti un secolo. Una storia pensata a fine ‘800 che giunge fino al nuovo millennio.
Il manga
Il manga semplicemente…non esiste! Esistono invece delle pubblicazioni che non hanno connessioni con la serie animata, dove gli autori si sono ispirati alla storia originale:
- 1966. “Heidi” di Masako Watanabe.
- 1983. “Heidi” di Motoko Fujita.
- 1986. “Alps no Shōjo Heidi” di Yumiko Igarashi (l’autrice di Candy Candy e Georgie già incontrata in un precedente articolo).
- 1990. “Alps no shōjo Heidi” di Naoko Takase.
- 2015. “Alps no Shōjo Heidi” di Gyūgo Yamada.
Tutte le edizioni citate sono inedite in Italia. Nel nostro Paese esistono invece decine di pubblicazioni e un voluminoso merchandising a tema Heidi che spopolarono dalla messa in onda del cartone animato in poi.
L’anime in Giappone
Il cartone animato fu programmato su Fuji TV dal 6 gennaio al 29 dicembre 1974. Venne adattato in 52 episodi e da qui esportato in tantissimi paesi del mondo.
Le vicende si svolgono tra le montagne svizzere (a Maienfeld, al confine con il Liecthenstein) e la città di Francoforte. Proprio in Svizzera Isao Takahata, Hayao Miyazaki e Yōichi Kotabe, lo staff preposto alla realizzazione del cartone animato, effettuarono un sopralluogo a Maienfeld e a Francoforte per rendersi conto di persona del carattere di quei luoghi prima di iniziare a lavorare concretamente all’opera.
Takahata è il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico co-fondatore, nel 1985, dello Studio Ghibli insieme all’amico Hayao Miyazaki. Studioso di letteratura francese, si avvicina alla regia dapprima collaborando con la Toei Doga. Notato da Yasuo Ōtsuka insieme ad Hayao Miyazaki getterà le basi per i nuovi canoni dell’animazione giapponese, scostandosi definitivamente da quelli disneyani. La produzione insieme a Miyazaki si fa sempre più intensa e stretta realizzando nel 1974 Heidi che fu la sua prima serie televisiva. Il lavoro svolto dai Miyazaki e Takahata allo Studio Ghibli fu forse uno dei più importanti al mondo e ottenne riconoscimenti internazionali crescenti. Fu una vera e propria rivoluzione artistica, dove cambiarono gli schemi narrativi, l’estetica e il concetto stesso di animazione.
Yōichi Kotabe invece, animatore e fumettista, si occupò del character design della serie. Egli è l’illustratore di Mario per la Nintendo.
La narrazione di Heidi è divisa in tre parti. Gli episodi dall’1 al 18 descrivono la prima permanenza di Heidi in montagna, quelli dal 19 al 33 raccontano del soggiorno a Francoforte mentre gli episodi finali, dal 34 al 52, seguono le vicende di Heidi che torna nuovamente in montagna per rimanerci definitivamente a vivere.
La figura di Heidi è molto particolare: delicata, dolce, drammatica e poetica allo stesso tempo. Spesso si ha la sensazione che sia di peso a tutti: alla zia che la scarica al nonno e poi a Francoforte, al nonno che inizialmente sembra ostile, alla Rottenmeier che non sembra tollerarla. Ci sono figure cordiali con lei che mitigano questa sensazione come Peter, la nonna e il papà di Clara e Clara stessa. Il desiderio unico di Heidi, una volta in città, è però sempre quello di ritornare sui monti, libera nella natura. Probabilmente però, nessuno dei personaggi che incontra è veramente un personaggio negativo in senso assoluto. La zia ha il ruolo di spostare Heidi e compiere quei cambiamenti nella sua vita che si riveleranno centrali in tutto il racconto. Lo fa per motivi di lavoro e non c’è cattiveria di fondo ma solo una vitale necessità. Il nonno, detto il vecchio dell’Alpe, è una persona fedele solo agli insegnamenti della natura e per questo considerato da tutti un tipo solitario da evitare (nel primo capitolo del romanzo si accenna al vero motivo per cui il nonno viene evitato e riguarda un suo passato più o meno oscuro). Il nonno è però quell’elemento che crea un canale diretto tra natura e bambini. Fa capire ai ragazzi quanto la natura sia importante e fonte di vita e sarà l’unico che crederà fermamente alla ripresa di Clara dalla malattia. L’anime, rispetto al romanzo, ha un carattere molto più “shintoista” rispetto al romanzo e il ruolo della natura, degli animali e della vita vissuta nel presente sono aspetti centrali. Anche i rapporti umani vengono esaltati, come quello con l’amico Peter, con Clara e figure solo apparentemente secondarie. L’anime lascia profondi insegnamenti attraverso i suoi personaggi: il non dare mai nulla per scontato e non fermarsi alla prima impressione, lo stare bene con sé stessi e con la natura che forgia un animo consapevole, la sofferenza umana intesa come spinta per dare il reale valore alle cose, le lamentele per la propria condizione viste come atti inutili e meschini che non portano a nulla ma solo a vuoto interiore mentre l’agire per la propria vita è ciò che bisogna sempre mettere al primo posto. Insomma, una lettura dell’anime profonda che può far luce su tanti aspetti della vita umana e dal quale si possono trarre insegnamenti degni di un testo di spiritualità!
Ricordo che l’anime è un adattamento di un romanzo che in molti punti si discosta dall’opera animata ma conserva anche molti punti di connessione.
Alcune edizioni home-video originali sono state pubblicate negli anni, tutte da Bandai Visual:
- 1989. VHS in 13 volumi.
- 1997. VHS in 10 volumi.
- 1999. DVD in 13 volumi.
- 2010. DVD-BOX rimasterizzata.
L’anime in Italia
Heidi fu mandata in onda sulla Rete 1 dal 7 febbraio al 6 giugno del 1978, per un totale di 52 puntate come nell’originale. Preceduto da due lungometraggi, uno americano del 1937 e uno italiano del 1953 (di Luigi Comencini), il cartone animato di Heidi fu una novità sulla quale lo stesso Comencini polemizzò dicendosi stupito della sua lunghezza.
Anche per l’Italia ci sono diverse edizioni home-video delle quli ricorderò le principali:
- 1997. VHS in 26 volumi accompagnati da fascicoli. Fabbri Editori
- 1997. VHS in 26 volumi. Hobby & Work.
- 2003. VHS in 3 volumi da oltre 90’ che riassumono tutta la serie TV. Medianetwork Communication.
- 2007. DVD in 26 volumi accompagnati da fascicoli con trame e illustrazioni. De Agostini
- 2008. DVD in 26 volumi. RBA Italia.
- 2016. Nuova versione restaurata in 10 DVD. Planet Junior.
- 2023. Limited edition Box-set di 8 DVD con aggiunta di materiale extra. Dynit.
Le sigle originali
Oshiete – 1974. Musica di Takeo Watanabe, arrangiamento di You-she Matsuyama e testo di Eriko Kishida. Gli interpreti sono Kayoko Ishu e Nelly Shwarz per lo jodel. La musica originale è suonata dalla Columbia Orchestra. Sigla di apertura di tutti gli episodi, brano perfettamente equilibrato e in linea con le atmosfere del romanzo, con tanto di corno in apertura (quasi mi piace più della sigla italiana!).
Mattete Goran – 1974. Gli autori sono gli stessi della sigla di apertura. Gli interpreti sono Kumiko Osugi e sempre Nelly Shwarz per lo yodel. Sempre suonata dalla Columbia Orchestra, è la sigla di chiusura di tutti gli episodi. Un brano che abbandona un po’ le atmosfere alpine (che si riaffacciano solo con lo yodel del ritornello) e riserva una bella linea di basso che sfrutta le triadi in maniera abbastanza classica.
La sigla italiana
Un brano che è diventato un’icona degli anni ‘80 e che dal 1978 nessuno ha più dimenticato. Entrò in hit parade precedendo Ufo Robot e dando del filo da torcere ad artisti blasonati come Branduardi e Patty Pravo. Vendette circa un milione e mezzo di 45 giri.
La sigla italiana era quella tedesca con un adattamento di testo. L’originale teutonica è stata scritta da Christian Bruhn ed è stata pubblicata nel 1977 e interpretata dal duo vocale Gitti & Erika.
Il testo della versione italiana è di Franco Migliacci. Il Maestro Migliacci non credo abbia bisogno di presentazioni. Paroliere tra i più famosi nel nostro Paese e recentemente passato all’ascolto della musica delle alte sfere, lo ricordiamo per brani come “Nel blu dipinto di blu”, “Come te non c’è nessuno”, “In ginocchio da te”, “Un mondo d’amore”, “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, “La fisarmonica”, “La bambola”, “Ma che freddo fa”…devo continuare? In pratica la storia della musica italiana è passata dalla sua penna senza tralasciare una valanga di sigle per i cartoni animati, dal Grande Mazinga a Blue Noah, da Lupin a Chobin oltre a chicche come Superboy Shadaw e Fan Bernardo.
La sigla venne cantata da Elisabetta Viviani con il coro delle Baba Yaga. Elisabetta Viviani ha sempre condotto una vita a contatto con arte e spettacolo cantando e recitando, dalla tenera età al successo di Heidi fino ad arrivare al volontariato per la Croce Rossa e all’attività di pittrice.
Le Baba Yaga (Rita Mariano, Patrizia Neri e Isabella Sodani) furono un gruppo corale, prima quartetto e poi terzetto, con all’attivo numerose collaborazioni artistiche. Prestarono tra l’altro la voce a Le Sorelle Bandiera in “Fatti più in là”.
Sul Lato B del 45 giri era incisa una canzone dedicata e tutta italiana (Migliacci – Mattone – Fabrizio), Daniel e Bebel (a detta della stessa Viviani in un’intervista, pare lei preferisse questa al brano principale!). Brano elegantissimo e arrangiato in 6/8 con estremo gusto. Ascoltatevelo con tutti i fruscii degni di un’epoca:
Il brano Heidi, nel 1983, subì un nuovo arrangiamento da parte di Guido Podestà ma senza essere stata ricantata.
Analisi del brano e della linea di basso
Un brano decisamente semplice e tecnicamente alla portata di tutti, consigliato per chi si approccia per le prime volte allo strumento. Anche la tonalità è quanto di più facile possa esistere: un tranquillissimo Do maggiore senza particolari sorprese. Il metronomo corre leggermente ma considerate le figurazioni presenti nel brano non presenta difficoltà. La semiminima è a 120 e il brano tutto in 4/4 (fatta eccezione per un’unica battuta di 2/4 nell’intro, prima che il basso elettrico faccia il suo ingresso).
La struttura può essere così schematizzata: A1 – B1 – C1 – D1 – B2 – C2
Un brano di 84 misure che, legato all’immaginario dell’infanzia come pochi altri, rappresenta il vissuto di emozioni semplici e potenti. Tanto di quello che ricordiamo del brano è dovuto alle parole di Migliacci e alla voce della Viviani. Anche l’arrangiamento però ha fatto uso di strumenti inconsueti, appartenenti alla tradizione montanara, che hanno contribuito a mantenere vivo il suo ricordo. Corni, campane e campanelli condiscono il tutto restituendoci quell’aura quasi fiabesca. Il basso accompagna il brano in maniera piuttosto tradizionale, seguendo intervalli di quarta e quinta tipici della musica popolare.
L’intro dà l’idea di una lunga sospensione, con corni e trilli che in un crescendo anticipatorio lanciano il nome della protagonista all’avvio del brano. Il basso entra al termine dell’intro, nelle ultime due misure di quest’ultimo.
Il brano è lineare anche dal punto di vista armonico muovendosi su soli tre accordi principali (con un’unica eccezione). Dall’inizio alla fine l’armonia è un facile alternarsi tra I grado, V7 e IV grado. Non ci sono sorprese se non nella sezione D1 dove è presente un passaggio in Re7 alla 54a misura (come V grado del V grado della tonalità principale).
Come unica indicazione esecutiva vorrei si facesse attenzione alla durata delle note da 1/4 che non devono durare quanto una semiminima reale ma devono essere più corte, appoggiate e non propriamente staccate. Pochi passaggi di ottavi movimentano la linea in alcuni punti. Sull’ultimo accordo di Do maggiore, alla misura 83, c’è un salto di sesta che porta alla conclusione del pezzo.
A questo, insieme alle caprette, vi faccio ciao e vi auguro buon divertimento!
Alla prossima, Community!