Burokka Gundan IV Mashīn Burasutā, un nome tutto un programma direi! Conosciuto anche come Blocker Gundan IV Machine Blaster, in Italia arrivò con il nome di Astrorobot contatto Ypsylon ma non chiedetemi a chi venne in mente di inserire in quel modo, nella stessa parola, due lettere “Y”…misteri da Accademia della Crusca!
La linea di basso che propongo oggi è divertente e serrata ma non presenta particolari difficoltà tecniche. Però, prima di metterci a suonare, vi aspetta la solita incursione nel mondo dell’animazione. Buona lettura!
L’anime
Blocker Gundan IV nasce per il piccolo schermo e non per la carta stampata. Akira Hatta ne è l’ideatore ma è doveroso ricordare i nomi di Yutaka “Yū” Yamamoto e Takahashi Motosuke, rispettivamente sceneggiatore e character designer per la serie. La produzione è legata alla Nippon Animation, casa storica dell’animazione giapponese i cui titoli sono tra i più celebri (tra i suoi collaboratori figurò anche Hayao Miyazaki). Hatta viene ricordato anche per la realizzazione di Ginguiser, Yamamoto per la sceneggiatura di Yattaman, Gordian, Angie girl, Gundam, Lamù, Pollon e altri mentre Motosuke per le collaborazioni a vario titolo in Hurricane Polymar, Raideen, Vultus V, Lamù, Daltanious, Calendar men e tanti altri anime importanti.
La serie si snoda lungo 38 episodi, in onda in Giappone dal 5 luglio 1976 al 28 marzo 1977. Le tematiche tipiche del genere ne fanno un capitolo importante dell’animazione nipponica. Le figure dei protagonisti, alla guida di quattro robot, sono travagliate e complesse. Le loro relazioni non mancano di sviluppi nel corso dello svolgimento della trama. La storia si inserisce nel contesto narrativo più ampio del genere super-robot (che si colloca tra il 1972 e il 1980) e ne prende gli elementi chiave per rielaborarli in maniera originale. Basti pensare all’ideazione dell’organo Y, presente nel cervello dei protagonisti e necessario per comandare i robot.
In Italia la serie andò in onda su Rai Due a partire dal 1° settembre del 1980 e mantenne la suddivisione in 38 capitoli sebbene qualche scena subì la solita censura. Repliche successive furono di dominio delle TV locali. Si segnala invece l’edizione completa in DVD della Dynit, comprensiva delle scene censurate. Inoltre, per chi volesse immergersi nel mondo di Astrorobot dallo schermo del computer, la serie è disponibile anche online su alcune piattaforme di riferimento per il genere.
Permettetemi una piccola digressione per quanto riguarda il doppiaggio. Nella serie figurano personaggi di spicco quali Massimo Dapporto, Renzo Stacchi, Fabrizio Mazzotta, Vittorio Guerrieri, Claudio Trionfi, Alba Cardilli, Susanna Fassetta, Massimo Corizza, Ilaria Stagni. Sono tutti doppiatori che vantano una presenza importante negli anime di quel periodo. Essi caratterizzarono le voci e il temperamento di tutti i personaggi ai quali siamo rimasti affettivamente legati. Rappresentano dunque un elemento importantissimo nella produzione dei disegni animati in quanto veicolo del significato dell’anime stesso.
Il manga
Più che di manga occorre parlare di “comicalize” un termine che in italiano sarebbe orrendamente tradotto come “fumettizzazione”. Spesso, ciò che nasceva come animazione veniva trasposto in manga, in alcuni casi anche in più versioni. Per Astrorobot se ne occupò Daiji Kazumine, sempre nel 1976. Kazumine, morto purtroppo nel 2020, oltre ad aver trasposto numerosi anime in manga, fu l’autore di Fantaman.
Le sigle originali
Per questo anime in Giappone furono scritte una sigla di testa e una di coda. Entrambe del 1976, attualmente non mi risulta essere state mai pubblicate.
Blocker Gundan Machine Blaster – Kiyokazu Tokura (testo), Asei Kobayashi (musica), Hiroshi Tsutsui (arrangiamento) – Interpreti: Yūki Hike (voce) e Toei Jidō Gasshōdan (cori). Il brano è piuttosto energico ed evocativo, tipico del genere. A mio avviso non spicca in originalità.
Otoko Tenpei No Uta – Tsukuri Musha (testo), Asei Kobayashi (musica), Hiroshi Tsutsui (arrangiamento) – Interprete: Kōichi Kitahara. Il brano in chiusura è sicuramente migliore di quello di testa. Una pop-ballad più che dignitosa.
In entrambi i brani le linee di basso sono interessanti…chissà, un giorno forse…
Una curiosità: tra i titoli delle sigle originali si può trovare spesso la dicitura “no uta“. Non vuol dire altro che “canzone di”.
La sigla italiana
Albertelli-Tempera, un binomio, una garanzia. Per noi amanti delle sigle è un po’ come dire Mogol-Battisti! Non ci sarebbe bisogno di alcuna presentazione ma chi si nasconde dietro lo pseudonimo de “Gli Ypsylon” va onorato e rispettato nella giusta misura. Frequentemente nascosti dietro pseudonimi (ve ne sono tra i più disparati), Luigi Albertelli e Vincenzo “Vince” Tempera sono i veri iniziatori del genere sigla in Italia.
In realtà, se andiamo a ben indagare, non furono i primi in assoluto ad occuparsi di sigle ma lo furono certamente per importanza. La loro produzione è legata a titoli di spicco che vendettero nel complesso circa 5 milioni di dischi! Non stiamo parlando di click sulle piattaforme digitali, stiamo parlando di dischi veri, di 45 giri in vinile fisicamente acquistati nei negozi, cifre da capogiro che nessuno all’epoca si aspettava.
A tal proposito Vince Tempera racconta, nelle sue numerose interviste sul tema, come la Fonit-Cetra chiese esplicitamente di ridurre la qualità compositiva di questi brani, in pratica di farli più brutti, per motivi fiscali legati ai troppi incassi!
La sigla era unica, identica sia in apertura che in coda all’episodio. Composta nel 1980 da Vince Tempera su testo di Luigi Albertelli, presenta delle ritmiche incalzanti, quasi tribali, che probabilmente si ispirano e rifanno il verso a Nightflight to Venus di Boney M.
La voce del cantato è di Silvio Pozzoli mentre la voce recitante è di Moreno Ferrara. Riporto qui la frase, lanciata con grande veemenza, presente ben due volte all’interno del brano, dopo il ritornello: “No, non c’è forza nella galassia che possa fermare l’anima di Astrorobot. Tutti per uno e Astrorobot per tutti!!! Eccoli! Eccoli!! Astrorobot!!!”
Vincenzo “Vince” Tempera – La lunga carriera di Vince Tempera è spesso incrociata con quella dei suoi compagni di sigle, Ellade Bandini e Ares Tavolazzi, fin dai tempi dei “The Pleasure Machine”, fino alla longeva collaborazione con Francesco Guccini. Spesso presente alla direzione d’orchestra di Sanremo, ha collaborato con altri importantissimi artisti italiani. Le sigle da lui composte sono molte e avremo sicuramente modo di riparlarne in prossimi articoli qui su basscommunity.it. Segnalo che il 10 novembre è uscita l’unica sua raccolta monografica che raccoglie le sigle composte per cartoni animati e serie TV, dal titolo “Le più belle sigle di Vince Tempera, cartoni animati e serie TV”. L’edizione, con copertina del fumettista Marco Gervasio, è uscita in CD e Vinile ma con due tracklist distinte a seconda del supporto.
Luigi Albertelli – Azzurro di atletica leggera negli anni ’50, inizia ad occuparsi di pittura e musica negli anni ’60. Consolida il suo lavoro di paroliere scrivendo successi per un numero impressionante di artisti. A fine anni ’70 inizia ad occuparsi del mondo delle sigle TV scrivendone di memorabili per gli anime. Anche di lui avremo modo di riparlare in articoli successivi. Torna alla Musica delle Alte Sfere nel 2021 a 86 anni, a causa di una caduta accidentale in casa sua a Tortona.
Silvio Pozzoli – Cantante e corista per tutti i maggiori artisti italiani, inizialmente conosciuto anche con lo pseudonimo di Silver Pozzoli. Sarà voce di spicco che troveremo in sigle importanti targate Albertelli-Tempera. Cercando sul web è facile venire a sapere che Silvio fu interprete insieme a Moreno Ferrara della sigla “Gira la ruota” della trasmissione “La ruota della fortuna”. Mi piace anche ricordare che è stato corista, sempre con Moreno Ferrara, sul geniale pezzo di Elio e le Storie Tese “Vincere l’odio”.
Silvio Pozzoli canta anche il brano sul lato B del 45 giri: Quattro supereroi, una canzone dedicata all’anime ma non presente come sigla. Il pezzo è sempre scritto da Albertelli e Tempera con la collaborazione di Bruno “Kobra” Tibaldi (altro nome noto nel mondo delle sigle).
Moreno Ferrara – Corista molto attivo in Italia ma anche autore, ha partecipato ad alcune sigle per anime, sia come corista che come voce narrante (come nel caso di Astrorobot e Tekkaman).
Analisi del brano e della linea di basso
Purtroppo non ho trovato notizie su chi abbia suonato il basso in questa sigla. Pensare a Tavolazzi solo perché abbia avuto una collaborazione stretta con Tempera in quel periodo mi pare fuorviante e in mancanza di conferme non oso fare ipotesi.
Il brano, in E minore, si compone di 128 misure (le ultime 8 ripetute ad libitum) con un’indicazione metronomica di circa 136 alla semiminima. Possono essere identificate tre sezioni principali più una quarta che costituisce una sorta di special. Andiamo a vederle nel dettaglio.
Un intro di 8 misure precede la strofa, lineare, incalzante, affidato prima alla sola batteria e poi supportato da una linea di basso semplice che si muove sull’alternanza decisa di tonica e quinta (tranne che nell’ultima battuta prima della sezione B dove viene alternata la tonica con la quinta e l’ottava). La strofa si ripete due volte (notate il synth di sottofondo che si insinua sapientemente alla seconda ripetizione, una vera goduria) e ci catapulta subito nel chorus, dinamico ed intenso.
La B è appunto uno schema granitico che si ripeterà per tutto il brano. Poche difficoltà ma l’esecuzione precisa deve considerare il rispetto degli accenti sui vari “lanci” di note che vengono sempre eseguiti sul B7 a fine frase. Ritengo però a tal proposito che le variazioni possano essere interpretate a piacimento, non essendo necessario ai fini della fluidità del brano che siano riprodotte fedelmente all’originale. Con tutta probabilità infatti saranno state suonate in maniera pressoché estemporanea, seguendo il gusto e l’ispirazione del momento. Io ho riportato queste variazioni per come le ho sentite ma nulla vieta di farle proprie, mischiarle o modificarle a piacimento.
La terza sezione è una specie di break che segue il ritornello. Si torna allo schema iniziale tonica-quinta (ottave spezzate sul B7) ma su accordi differenti, utili a distendere il brano (sebbene la tensione di fondo sia sempre mantenuta) sulla parte recitata da Moreno Ferrara.
Dopo il break parte un nuovo ritornello che conduce alla vera e propria variazione. La sezione D è solo strumentale, finalmente più pacata. Il basso si distende notevolmente eseguendo solo semibrevi ma le pulsazioni restano affidate alla cassa della batteria che batte i quarti lasciando nell’aria una sorta di ansiosa attesa.
A questo punto la strofa si ripete una volta (qualche variazione cromatica è presente per legare gli accordi) dopodiché di nuovo il ritornello, il break C e il ritornello ad libitum nel finale.
Riassumo dunque la struttura generale:
Intro-A-A-B-C-B-D-A-B-C-B
Mi fermo qui. Vedrete che sarà molto divertente suonarla, soprattuto se proverete a farlo col plettro. Effettivamente, se ascoltate bene, nell’esecuzione originale si sente distintamente l’attacco netto del plettro. Un consiglio in più per avvicinarsi al suono originale e rendere la sigla dinamica al punto giusto.
Buona suonata e alla prossima!